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Giancarlo Pedote è stato quello che potremmo defi-
nire un "eroe normale". Ha affrontato il Vendée Globe
senza vergognarsi delle sue paure, ma raccontando-
le agli appassionati che si sono immedesimati in que-
sto velista che non navigava solo contro gli avversari
e l'Oceano, ma anche contro le sue umane debo-
lezze. Quest'aspetto, forse addirittura più di quello
sportivo, ha fatto innamorare il pubblico di Pedote.
Il suo è stato un Vendée Globe concreto. Giancarlo
sapeva che il suo budget per questa campagna era
piuttosto ridotto, e quando i fondi scarseggiano lo
skipper saggio non può permettersi di strafare. Sa
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peva di non potere correre il rischio di danneggiare
in modo irreparabile la barca, perché questo avreb-
be significato mettere a rischio gli sviluppi futuri del-
la sua carriera. Sapeva anche che la sua Prysmian,
pur non aggiornata con foil di ultima generazione,
era una barca solida e ben rodata. Così Pedote si
è messo in coda al gruppo dei primissimi e non li
ha mollati più, per tutto il giro del mondo. C'è stato
anche chi lo ha criticato per la sua condotta spor
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tiva un po' da ragioniere e molto prudente in tante
fasi, ma l'italiano non poteva permettersi di giocare
la regata fino in fondo come gli skipper di testa spal-
leggiati da sponsor milionari. Era cosciente del fatto
che il suo primo obiettivo, per avere la possibilità
in futuro di dire la sua, era in primo luogo portare la
barca al traguardo.
In alto, Pedote bacia la sua
Prysmian dopo avere tagliato il
traguardo del Vendée Globe. Qui
sopra, L'Imoca 60 Prysmian Group