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re sulle tavole balcaniche, così come non manca il
parmigiano sulle tavole degli italiani. Si accompagna
alle onnipresenti salsiciette chiamate "ćevapčići",
alla carne in genere o semplicemente viene spalma
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ta sui crostini. Ne esistono due varietà particolari,
quella dolce denominata "blagi" e quella piccante
chiamata "ljuti". Una variante a base di melanzane
viene chiamata "pinjur", ma è meno diffusa.
Un tempo l'ajvar era destinata solo alle famiglie più
ricche, perché l'olio di oliva e i peperoni necessa
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ri alla sua produzione erano merce rara e costosa.
Nonostante la socializzazione degli anni '60 abbia
reso comune la diffusione della salsa anche tra i ceti
meno abbienti, nella cultura balcanica l'ajvar è rima
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sto avvolto da un alone quasi sacrale. Le famiglie lo
preparano all'inizio dell'inverno, secondo la loro an-
tica ricetta il cui segreto viene tramandato di gene-
razione in generazione e i vasetti della preziosa salsa
vengono portati sulla tavola come sancta sanctorum
e prezioso è l'ospite che li riceve in dono.
Il sapore dell'ajvar ricorda agli emigranti l'infanzia e
la terra che hanno lasciato.
Ai fortunati navigatori della costa dalmata, riporte
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rà in bocca il sapore dell'estate e della crociera tra-
scorsa tra le isole croate.
In alto, Konoba a Kravljacica sull'isola
di Kornati. Qui sopra
ćevapčići
accompagnati dalla salsa ajvar