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Per capire dove stiamo andando, dobbiamo sape-
re da dove siamo partiti. Cominciamo analizzando
i materiali. Guardando a settant'anni fa, lo standard
per gli sloop era naturalmente il legno. L'altezza
dell'albero era quindi limitata dal carico strutturale
e dal peso considerevole del legno stesso. Di con
-
seguenza, si avevano alberi piuttosto bassi, rande
piccole e genoa molto grandi, con sovrapposizioni
importanti. Data una superficie velica, fissata in base
alla massa dell'imbarcazione, era prassi comune
suddividerla su più alberi di altezza minore, come nei
ketch e negli yawl, piuttosto che su un unico albero
potenzialmente troppo alto.
Nei decenni successivi, l'utilizzo di alluminio e di mate
-
riali compositi ha permesso di costruire alberi sempre
più alti e snelli, quindi di avere rande più grandi.
Inoltre, tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli '80 del
secolo scorso, abbiamo assistito alla comparsa degli
armi frazionati. Come sappiamo, un armo frazionato
permette un controllo migliore della flessione dell'albe
-
ro. Questa diminuzione della "I" (l'altezza dello strallo
sulla coperta) ha però comportato una diminuzione del-
la dimensione delle vele di prua. Per ovviare a questa
diminuzione di tela, una possibile soluzione consiste
nell'aumentare la superficie della randa, quindi nello
spostare l'albero in avanti, riducendo la "J", la distanza
tra l'albero e la base dello strallo di prua.
In alto un ketch
e qui sopra uno
yawl. Le barche
frazionate per-
mettevano una
migliore gestione
delle vele con
una attrezza-
tura di coperta
più spartana di
quella disponibile
oggi. Gli alberi a
crocette acquar-
tierate di un
superyacht