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SVN solovelanet: rivista digitale dedicata al mondo della vela. Articoli di navigazione, di nautica e barche a vela

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www.solovela.net 94 Il principio di funzionamento Nonostante i piloti appaiano esteticamente etero- genei, con banderuole incernierate orizzontalmente, in verticale o diagonale, scansionando le varie mec- caniche possiamo osservare che salvo poche ecce- zioni senza seguito commerciale, la galassia delle possibili meccaniche di autogoverno si è condensa- ta negli anni in due macro-gruppi: il servopendolo, introdotto da Herbert Blondie Hasler alla Ostar del 1962 e il timone ausiliario. In entrambi possiamo identificare due sezioni: la parte aerea e la parte sommersa. La prima si identifica con l'iconica banderuola in tessuto, in materiale plastico o compensato. Questa funge da vela allineandosi con il vento con un ango - lo polare rispetto alla prua della barca che rimane costante. Ne consegue che la meccanica segue il vento appa- rente, mantenendone il valore costante. Potremmo definire questa parte il "software" del pilota a vento e difatti è generalmente di meccanica molto legge- ra. L'"output" generato è il movimento di una serie di rimandi, settori dentati, forcelle, aste - in questo sì i piloti si differenziano molto - che andranno poi a impartire un comando alla parte sommersa, che può essere definita, l'"attuatore". Ed è qui che i due sistemi cambiano. Il servopendolo Nel servopendolo, l'attuatore è una lunga pala, nor - malmente appesa alla poppa, che non interferisce con la variazione di rotta, ovvero non è un timone. Può eseguire due movimenti distinti, ovvero la ro- tazione intorno ad un asse orizzontale situato pa- rallelamente all'asse longitudinale della barca: la definizione "pendolo" deriva proprio dall'oscillazio- ne intorno a questo asse. La seconda rotazione è intorno ad un asse verticale esattamente come un timone. A seguito del movimento della banderuola, la pala si orienta con un angolo di attacco rispetto al flusso d'acqua. La forza idrodinamica generata dal flus - so d'acqua che la investe la fa oscillare a destra o sinistra intorno al perno orizzontale attaccato soli- damente alla poppa. Questo complesso è la parte propriamente chiamata servopendolo. L'asta che la sostiene prosegue verso l'alto, oltre il perno e alla sua estremità sono collegate due sagole, che attra - verso bozzelli, vanno ad agire sui due lati della barra e attraverso questa sul timone primario, variando fi- nalmente la rotta. Gli esponenti più noti di questo tipo sono: Aries, Windpilot, Monitor, Cape Horn. C ome abbiamo accennato i piloti a vento oggi fanno parte di una galassia estranea al diportista medio. Nelle barche da charter, in molte barche armatoriali per uscite giorna - liere, ma neppure su barche per brevi crocie- re costiere, è difficile imbattersi nella classica banderuola che oscilla a poppa. Sono però duri a scomparire e le loro sagome sono an- cora frequenti nei porti, onnipresenti negli scali internazionali di velisti di lungo raggio. È una questione di nostalgia o c'è ancora un senso nel montarne uno? Mentre i piloti a vento imperversavano, l'e - lettrico ha superato lo step tecnologico che lo ha regalato a mero esperimento e guada- gnata una certa affidabilità, il pilota elettrico è divenuto uno strumento eccezionale. Può lavorare elaborando ogni parametro, busso- la, rotta vera, vento apparente o reale. Inoltre, non soffre del male atavico del pilota a vento, le forti accelerazioni e decelerazioni che ine- vitabilmente caratterizzano gli scafi veloci. Quello che oggi rende gli elettrici pressoché universali è l'essere integrati con l'elettronica di bordo quindi con il cartografico, e far parte di conseguenza di quel mondo "touch" che, ammettiamolo, ormai ogni skipper desidera. Non dimentichiamo tuttavia che tutto ciò che è elettrico ed elettronico in mare prima o poi entra in sofferenza. Il pilota a vento ha an - cora senso proprio perché non è elettrico. È un pezzo di meccanica che se ben ingegne- rizzato e costruito con materiali di qualità ha una durata eccezionale. Il funzionamento è facilmente comprensibile fin nel minimo det- taglio, a differenza di un apparato elettronico dove non è possibile comprendere i minimi dettagli. Un bricoleur mediamente dotato può invece disassemblare e riassemblare il proprio pilota a vento per intero. Anche in mare all'occorrenza. Il fatto di non dipendere dall'energia elettrica inoltre solleva la gestio - ne della barca da uno dei problemi più ricor- renti, ovvero l'eterno problema di generarne abbastanza. I piloti a vento aumentano la propria efficienza all'aumentare del vento ri- sultando utili in condizioni dure ovvero quan- do gli elettrici subiscono l'usura maggiore e rischiano più di andare in blocco. Pro e contro

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