SVN solovelanet

SVN 40

SVN solovelanet: rivista digitale dedicata al mondo della vela. Articoli di navigazione, di nautica e barche a vela

Issue link: http://svn.uberflip.com/i/958215

Contents of this Issue

Navigation

Page 100 of 119

101 www.solovela.net sarebbe rimasto altro che lanciare il mayday e farsi recuperare abbandonando la sua Pulcinella ai capric- ci dell'oceano. Così non poteva procedere, bisognava assolutamente rinforzare l'albero. Si preparò psicolo- gicamente, quello che avrebbe dovuto fare con quelle onde che sbattevano il piccolo Maxus da una parte e dall'altra non era un gioco da ragazzi e la probabilità di farsi male era elevata, già si era tagliato in volto e continuava a tamponare il sangue che gli colava sul naso e avrebbe fatto volentieri a meno di doversi cu- rare una nuova ferita. Quando si sentì pronto, inalò più aria che poté, come se avesse dovuto immergersi nelle profondità trattenendo il respiro e uscì in pozzet- to. A dargli il benvenuto un'onda che spazzò la tuga da una parte all'altra facendo tremare tutta la barca. Tenendosi basso raggiunse il tangone legato lungo la falchetta e lo liberò. Con fatica portò il lungo palo di al- luminio all'albero e lo addossò a questo il più alto pos- sibile quindi lo legò stretto come si fa con le stecche su di una gamba rotta e il concetto era proprio quello, bisognava immobilizzare e irrigidire l'albero. Mise una sartia a mo' di volante per rinforzare il tutto. Non era finita. Ora toccava al boma, andava tolto o il suo peso avrebbe potuto compromettere l'albero. Altre ore di lavoro faticoso con i muscoli e le ossa che chiedevano pietà e lui che faticava sempre più a mantenere la concentrazione. Ci volle tutta la giornata, ma alla fine, quando ormai stava facendo notte, il lavoro terminò. Reggendosi dove poteva Szymon guardò l'opera appena com- piuta e si disse che, se non avesse messo a riva le vele grandi, avrebbe retto e così è stato. I tre capi C i sono due modi di fare il giro del mon- do, passando per gli stretti e doppian- do i capi. Il primo è un navigare tranquillo, il secondo è il modo giusto per cercare guai. Doppiare i capi significa scendere alle basse latitudini dove le onde pos- sono fare il giro del mondo senza trova- re ostacoli e crescere sino a diventare dei veri e propri mostri. In queste acque spesso tempestose, una barca di 6,30 metri è come un guscio di noce gettato in una cascata. Solo skipper dalle qualità eccezionali riescono in imprese di questo tipo. Prima di Szymon, su una barca così piccola, un giro del mondo estremo come questo l'ha fatto il nostro Alessandro Di Benedetto nel 2009-2010 su di una barca di 6,50 metri, ed è proprio il suo il record che Szymon vuole battere. È tradizione ormai che quando si passa un capo ci si fa un selfie con in mano un foglio di carta con le coordinate, una spe- cie di targa a memoria del passaggio. Nel- le tre fotografie qui sopra, Szymon con le targhe dei tre capi. Il primo, Cape Hope, il Capo di Buona Speranza in Sudafrica, dove l'Atlantico incontra l'Indiano, poi Capo Leeuwin nell'Australia meridionale, e infine il più temuto, Capo Horn, dove dal Pacifico si torna in Atlantico e si comincia a respirare aria di casa, anche se manca- no ancora più di 7000 miglia. A poppa dell'Atlantic Puffin ci sono pannel- li solari d'ogni tipo. Szymon non ha voluto generatori che avreb- bero significato portare gasolio supplementare, solo pannelli solari Quando il tempo si è rimesso, Szymon è potuto salire sull'albero per migliorare la riparazione oltre che per risistemare l'antenna principale dell'AIS che, leggermente ossidata, con il colpo subito, aveva smesso di funzionare. Migliorata la riparazio- ne, lo skipper ha potuto usare di nuovo una randa, seppur ridotta e senza boma In queste 3 fotografie il passaggio dei tre capi principali. In alto a sinistra, Capo di Buona speranza, sopra capo Leeuwin e di lato, cape Horn

Articles in this issue

Links on this page

Archives of this issue

view archives of SVN solovelanet - SVN 40